Space Invaders Championship (1981)
© Atari
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More than a Game: ma tu che eSport pratichi?

4 indizi (+ 1) per capire che presto tiferemo davanti al computer… per noi
Di Emilio Cozzi
6 minuti di letturaPublished on
Space Invaders Championship (1981)

Space Invaders Championship (1981)

© Atari

Se me l’avessero detto ai tempi del mio Msx Toshiba o, ancora prima, quando mi baloccavo con un Atari 2600 che un amico aveva ereditato dal fratello – sessioni interminabili di “Star Wars: The Empire Strikes Back”, che significava estasiarsi per quadrettoni che con molta fantasia simulavano un camminatore At-At e uno snowspeeder – ebbene, se me l’avessero detto ai tempi dell’Atari, per quanto bambino avrei riso a crepapelle.
Oggi, invece, campare videogiocando è un’opzione sempre più solida. Vero, non è un fenomeno recente; che il videogioco potesse stimolare una competizione pubblica lo si sa da almeno 30 anni. Ciò detto, non fosse chiaro quanto l’eSport è un’onda che ingrossa e ad alto impatto, non bastasse cioè la nostra settimanale insistenza come testimoniano queste righe, queste e pure queste, ecco qui di seguito quattro prove più o meno recenti, più una fugacissima riflessione finale.
Fidatevi, se vivete nel mondo e per caso sottovalutate o siete indifferenti alla questione, è il momento di darle un’occhiata. Peraltro, potreste divertirvi un sacco.

PROVA 1

Dalla scorsa settimana è accessibile online Playstation Italian League, la piattaforma con cui Sony mette ufficialmente un piede – e due mani - nell’ambito degli sport elettronici competitivi e professionistici. Attraverso la piattaforma i videogiocatori italiani possono organizzare tornei, parteciparvi o limitarsi a guardare le competizioni preferite. È la dimostrazione palese di come i colossi vogliano stimolare un contatto diretto con i giocatori, diffondere la professionalizzazione dell’attività videoludica e, perché no, intercettare le future promesse. Nonché, ovvio, monitorare evoluzioni e crescita di un settore sempre più remunerativo e trainante.
Già da ottobre scorso, in Italia è peraltro stato istituito il GEC, il settore Giochi Elettronici Competitivi di Asi, un ente di promozione e organizzazione sportiva riconosciuto dal Coni. Scopo del GEC è «promuovere e patrocinare tutti gli atleti italiani nella disciplina dei videogiochi ad ogni titolo, per arrivare alla creazione di una vera e propria squadra italiana ufficiale riconosciuta dal Coni attraverso la creazione ad hoc di una Federazione Sportiva dei Giochi Elettronici Competitivi». Significa, come frettolosamente ribattuto da molti, che oggi i videogiocatori sono a tutti gli effetti come qualsiasi altro atleta tesserato? No, ma la strada inaugurata dovrebbe portare proprio da quelle parti.

PROVA 2

Heroes of the Dorm MOBA Blizzard eSports

Heroes of the Dorm

© Blizzard Entertainment

Peccato che gli «eSport non siano sport - ebbe a dire a commento dell’acquisizione di Twitch da parte di Amazon, John Skipper, nientemeno che il presidente di Espn, uno dei più grandi network televisivi al mondo dedicati allo sport a 360 gradi - «gli eSport sono tutt’al più competizione, come gli scacchi». Sarà pur vero, ma in molti hanno fatto notare che da anni Espn figura fra i partner dei tornei internazionali di “Dota 2”. Di più, lo scorso 26 aprile per la prima volta in prima serata Espn2 ha contrastato la messa in onda dei playoff di hockey della concorrente Nbc e i playoff di pallacanestro in onda su Turner con “Heroes of the Dorm”, due ore di scontri in multiplayer fra collegiali alle prese con “Heroes of the Storm”. Sembra che nemmeno le proteste del pubblico più avvezzo alle discipline tradizionali abbiano impensierito Skipper.
Evidentemente il fu scettico presidente dev’essersi accorto dei 612 milioni di dollari che i cyber atleti muovo a livello globale, con 32 milioni di spettatori nella sola terza edizione dei League of Legends World Championship, 134 milioni in tutto e una previsione di crescita a 756 milioni di dollari entro la fine dell’anno. Sorge il dubbio, come ha suggerito qualche analista di Forbes, che sia la TV tradizionale ad avere bisogno degli eSport. Non il contrario.

PROVA 3

Per quanto già nel 1972 fu messo in palio un abbonamento alla rivista “Rolling Stone” a chi, nell’ateneo di Stanford, avesse battuto gli sfidanti al seminale “Spacerwar” per Pdp 1 – da molti considerato il primo vero videogioco della storia alla faccia delle sperimentazioni tennistiche per oscilloscopio di William Higinbotham -, fu del 1981 la prima competizione videoludica ufficiale: la organizzò – ma dai!? – la Atari. 10mila concorrenti si sfidarono al primo “Space Invaders Championship”.
La prima lega riconosciuta a livello nazionale arrivò ben 18 anni dopo e fu dedicata a “Starcraft” non a caso uno dei giochi più popolari in Sud Corea, vera patria degli sport digitali. Da quelle parti, proprio la passione videoludica, il tifo e gli spazi dedicati al gioco “pubblico” servirono quale stimolo all’alfabetizzazione digitale e al riammodernamento infrastrutturale di una nazione intera. Non stupisce come ancora oggi, per la precisione il 19 ottobre scorso, 40mila persone possano riempire lo Sangam Stadium di Seoul per le finali della quarta stagione di “League of Legends”.

PROVA 4

Dell’inaugurazione della GFinity Arena di Londra, come della sponsorship da parte di Youporn di una squadra di pro gamer spagnola scrivemmo per tempo qui; aggiungiamo oggi che poche settimane fa Bård Anders Kasin, già direttore tecnico di Warner Bros. e responsabile dell’utilizzo di molte tecnologie di provenienza videogiocosa nella saga di “Matrix”, ha annunciato che la sua nuova azienda, The Future Group, debutterà nel 2016 con un game show completamente interattivo e in prima serata su un grosso network (ancora segreto). Un mondo virtuale e in diretta – a suo dire «il più grande game show mai realizzato» - accessibile e giocabile da chiunque, anche attraverso dispositivi portatili.
In altri termini, per quanto il riserbo contrattuale di Kasin permetta solo ipotesi, un videogame collettivo trasmesso in prima serata.

ERGO RIFLESSIONE 5

Nolan Bushnell Atari

Nolan Bushnell

© [unknown]

Tempo fa mi capitò di intervistare tale Nolan Bushnell, sì, proprio il papà di Atari, l’uomo per cui Steve Jobs fu solo un dipendente, o «una delle 50 persone più intelligenti della storia». Mi disse che il gioco del futuro a suo avviso avrebbe unito il tempo reale della TV e la partecipazione massiva di un MMO: «immagina un Capture the Flag in cui la costa est degli Stati Uniti si scontrasse contro la ovest, tutto in diretta TV 24 su 24 per interi week end dedicati».
Ai tempi mi vennero in mente certi racconti fra l’horror e la distopia di Stephen King, una divagazione tecnologica di quella maratona descritta nel meraviglioso e terribile “La lunga marcia”. Oggi mi pare che tutto stia già accadendo. Presto l’eSport appassionerà tantissimi se non chiunque. E sempre più di frequente si farà serata con gli amici per gustarsi la finalissima di “Dota 2”, “Counter Strike”… o del nuovo MMO in prime time di nonno Atari.
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