Il Berghain, Berlino
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Musica
Entrare al Berghain? Ecco come e perché
Una discussione infinita: quella sui criteri di selezione all'ingresso del Berghain, il club più famoso d'Europa
Di Damir Ivic
9 minuti di letturaPublished on
PRIMO Ancora? Ancora. Sono passati più di dieci anni dalla sua apertura, eppure la selezione che c’è all’ingresso del Berghain (per chi non lo sapesse: uno dei più famosi club techno-e-dintorni al mondo, forse al momento il più famoso) è ancora argomento di ferocissimi dibattiti. Anche se in questi anni se ne è parlato allo sfinimento, l’argomento è davvero stra-inflazionato soprattutto se siete vagamente appassionati di clubbing. Ma è bastato che il sottoscritto scrivesse al volo un banale post su Facebook sull’argomento, che la discussione si è riaccesa subito. Forse è il caso di mettere un po’ di puntini sulle i, sia per quelli che conoscono bene il Berghain (ma forse in qualche caso continuano a non “capirlo”…?) sia per chi non c’è mai stato, vorrebbe andarci e vorrebbe capire come sfuggire a queste famigerate forche caudine della “ferocissima” (in realtà, nemmeno troppo ) selezione all’ingresso del club berlinese.
SECONDO Partiamo subito dalla considerazione più importante. Chiunque vanti di conoscere i criteri-sì e i criteri-no per decidere sull’ingresso nel club berlinese perché “…mio cuggino che ha lavorato tre mesi come barman lì” vi sta dicendo gran palle. Il motivo? Semplice: non esiste un decalogo fisso. E’ un cazzata che ti facciano entrare sicuro se vesti di nero, se ti fingi gay, se eviti di presentarti in coppia con una persona dell’altro sesso, se non parli spagnolo, se non parli italiano, se non parli inglese, se non parli. Questo, e mille altre cose, sono cazzate. Cazzate. O meglio: ci sono alcuni criteri-base che aiutano. Aiuta mostrare di essere appassionati di un certo tipo di musica (e gli appassionati in questione hanno a spanne un certo modo di vestirsi), aiuta comportarsi civilmente in coda aspettando con pazienza senza schiamazzi, aiuta mostrare di non essere uno che si scandalizza sull’omosessualità (anzi: è una condizione sine qua non), aiuta mostrare di essere lucidi e composti e non già “sbocciati” come dei Rovazzi di periferia. Tutto questo aiuta. Ma regole fisse ed immutabili, attenti tutti, non ce ne sono. NON CE NE SONO. Per un motivo molto semplice: se anche il Fight Club ha una regola sola, per l’ingresso al Berghain è lo stesso – perché l’unica regola esistente è mantenere un minimo di mix fra le diverse tipologie umane che possono ritrovarsi dentro il club di Am Wriezener Bahnhof. Un po’ di gente da fuori, un po’ di berlinesi doc, un po’ di berlinesi acquisiti, un po’ di tamarri, un po’ di presenza casuali, un po’ di maschi, un po’ di femmine, un po’ di etero, un po’ di non etero. Un mix di tutto questo, dosando le componenti. Se poi sei uno che si presenta regolarmente e si ricordano di te, la selezione per te non è più un problema (tranne che in casi di pesante sovraffollamento all’interno). Però il punto è: il modo migliore per mantenere un mix antropologico è cambiare di continuo criteri nel dispensare i sì e i no all’ingresso. Chiaro? Ecco perché ogni tanto dentro il Berghain vedrete gente vestita da fan dei Pooh, turisti spagnoli chiassosi, coppiette che limonano che manco fossimo nel “Tempo delle mele”, insomma, questo e altro del genere, ovvero tutte quelle cose che in teoria al Berghain non dovrebbero esserci, secondo le varie guideline in giro e pure secondo il buonsenso. Riassumendo: non esistono dei metodi sicuri al 100% per entrare. O non entrare. Questi metodi&regole vengono sovvertiti, qua e là. Magari anche per gusto della beffa (...molto berlinese, tutto ciò).
TERZO Tutto chiaro? Bene. Come piccolo bonus, potremmo darvi alcuni consigli di buon senso che spesso funzionano (ad esempio: sapere sempre qual è la timetable dall’ora del vostro ingresso in poi, chi suona e quando, e quando provano a tenervi fuori chiedendovi bruschi “Cosa vuoi qui?” rispondere calmi “Io ero molto interessato a sentire XYZ che attacca fra mezz’ora”). Ma il buonsenso sarebbe il caso lo tiraste voi fuori da soli: perché basta quello, in realtà, per capire qual è il modo più tendenzialmente appropriato di presentarsi alla fila di un club tedesco techno e house di grande successo e qualità - dove è applicata la selezione all’ingresso, e dove la capienza non è illimitata. Lo stesso buonsenso vi può aiutare a far pace la sera in cui vi capiterà di sentirvi dire il famigerato “No, non stasera” (ovvero: no, stasera non entri).
QUARTO Sapete dove secondo noi manca un po’ di buonsenso? Manca fra quelli che si lamentano della selezione all’ingresso di per sé. E in giro ne vediamo tanti. Allora: prima un po’ di lezioni di matematica. La capienza del dancefloor centrale (il Berghain propriamente detto) è di 800 persone; quella del Panorama Bar, al piano di sopra, a spanne la metà. La popolarità del club berlinese al momento è tale che, se non ci fosse alcun filtro all’ingresso, le persone che potenzialmente vorrebbero stare dentro il club sarebbero due o tre volte la capienza umanamente accettabile, e questo nonostante l’orario d’apertura si estenda quasi senza pause dal venerdì alla mattina del lunedì (quindi gli ingressi si “spalmano” in 72 ore). Tutto chiaro? Dai freddi ed inappuntabili numeri, passiamo ai più complessi e discutibili ragionamenti. Premesso che, vedi considerazione precedente, una selezione all’ingresso è necessaria, ci sono due modi per farla: privilegiare chi arriva per primo e basta, chiunque esso sia, oppure operare delle scelte. Il clubbing, la club culture nasce origine proprio da una scelta (lì dove l’hip hop invece è inclusivo). Il che NON significa che un vero club debba per forza operare selezione all’ingresso secondo criteri tutti suoi, però se lo fa (magari proprio perché è costretto dalle circostanze a farlo) non lo si può tacciare di fare una cosa assurda, fascista, stronza, contro lo spirito della techno, quello che volete voi. Mettetevi l’animo in pace: un posto privato ha tutto il diritto di operare una selezione all’ingresso. Anche perché voi avete tutto il diritto di non andarci, e di andare da un’altra parte. VI è mai venuto in mente? A Berlino poi c’è l’imbarazzo della scelta; e potrebbe essercene ancora di più, di scelta, se la gente non si incaponisse ad andare sempre al Berghain ed esplorasse altri posti, sostenendone quindi l’attività e il miglioramento pagando l’ingresso. Se vi lamentate irati della selezione all’ingresso del Berghain ma poi vi fissate ad andare sempre e solo lì, siete parte del problema che voi stessi denunciate e lo state alimentando. Guarda un po’. E comunque: lo spirito della techno e della house parla di unità, di inclusione, eccetera: corretto. Ma non è ancora arrivato a fare il carpentiere, e ad allargare in tempo reale i muri e i metri quadrati calpestabili di un edificio. Nota bene: lo spirito della techno e della house, l’inclusione eccetera, al Berghain è celebrato proprio rendendo non rigidi i criteri per il sì e il no all’ingresso, per far sì che anche qualcuno “che non c’entra” ogni tanto entri dentro il tempio berghainiano – che è la cosa che guarda un po' fa inviperire molti puristi, proprio quelli per cui lo spirito della techno non dovrebbe essere quello della selezione all'entrata (“Fanno entrare dei turisti ignoranti casinari e non quelli seri come me”: tra l’altro di solito a pronunciare questa frase è un italiano o uno spagnolo che è venuto a fare un weekend a Berlino, quindi tecnicamente è un turista pure lui, anche se magari è gigasuperappassionato di techno, industrial, eccetera).
QUINTO Un po’ di considerazioni spicce, poi. I buttafuori spesso sono zero simpatici e si comportano in modo rude? Vero. Giocano molto ad alimentare il mito di se stessi e del loro potere di vita o di morte (di ingresso o respingimento)? Vero. C’è uno strisciante clima di terrore all’ingresso, nella fila e anche nella perquisizione successiva, che è il contrario della gioia che dovrebbe esprimere il clubbing? Vero. Guardiamo però ai fatti: dentro il Berghain il clima è ottimo e amichevole, le situazioni di tensione sono praticamente inesistenti, si sta insomma che è un piacere. Vi rendete conto quanto è difficile ottenere un equilibrio di questo genere in un posto che accoglie centinaia, migliaia di persone che arrivano lì (anche) per toccare i limiti della loro percezione e della loro emotività, con tutto quel che ne consegue? Quindi ecco: certo “terrore”, certe rudezze gratuite purtroppo servono. Rendono tutti più cauti e più rispettosi. Non è bello tutto ciò? Non è bello, no. Ma purtroppo i fatti dimostrano che è utile, o almeno verosimilmente utile. Dentro il Berghain c’è davvero un clima da “società ideale del clubbing”: libertà di esprimersi, tolleranza reciproca, rispetto degli spazi, condanna di qualsiasi forma di aggressività. Qualcosa su cui in Italia, ad esempio, spesso arranchiamo: gente che urla in fila, gente che urta in pista, gente che attacca risse, e quasi sempre lo fa 1) perché non ha rispetto del luogo in cui è entrata 2) perché sa che non avrà particolari conseguenze perché chi controlla in fondo tende a lasciar correre se non in casi gravissimi. O no? Al Berghain magari all’ingresso sono stronzi e sgradevoli, ma è un modo per far capire, o almeno far pensare, “qui non facciamo sconti a nessuno”. Non lo facessero, facile che la situazione rischierebbe di diventare molto più “movimentata”, perché le teste calde si sentirebbero più autorizzate ad “allargarsi”. E se nel frattempo la musica che il club berlinese propone - e ha SEMPRE proposto, anche quando nel mondo non se la filava quasi nessuno - è diventata di moda anche fra le teste calde, a noi più che un difetto sembra un pregio (meglio portare una testa calda a contatto col Berghain, con la sua etica e la sua estetica, che lasciarlo in qualche posto ben peggiore dove già pascola e prospera a piacimento).
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