"NIENTE"
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Musica

Vocabolario LIBERATO (Capri RDV Edition)

Il ritorno di LIBERATO, "Capri RDV", nei suoi versi più belli e difficili
Di Francesco Abazia
8 minuti di letturaPublished on
Uno dei più diffusi apprezzamenti sulla musica di LIBERATO verte sulla capacità di aver saputo mischiare lingue diverse: inglese, napoletano, soprattutto, e un po’ di italiano. Si chiama code-switching o commutazione di codice, che la Treccani definisce come “il passaggio da una lingua a un’altra all’interno del discorso di uno stesso parlante”.
Più delle sonorità urban associate al dialetto - che negli ultimi anni si sono sempre più diffuse - e più dell’immaginario estetico cucitogli addosso da Francesco Lettieri, la capacità di commutazione di codice di LIBERATO ha introdotto un elemento nuovo, seppur non innovativo, all’interno del panorama musicale odierno. Con gli ultimi cinque brani, pubblicati il 9 maggio come parte del progetto visivo “Capri Rendez-Vous”, ha aggiunto il francese e lo spagnolo - due lingue che hanno fortemente influenzato alcuni termini dialettali locali, data la dominazione Angioina e Borbone che ne ha disegnato i tratti.
Nei cinque brani che compongono “Capri Rendez-Vous” (Capri RDV) a farla da padrone è l’amore, come sempre, un amore diverso da quello che aveva caratterizzato gli inizi di LIBERATO, ma più romantico, amaro e nostalgico. Sarà forse per questo che, sparsi all’interno dei testi, ci sono alcune espressioni e declinazioni verbali che rimandano a un napoletano che, seppur formalmente corretto, viene oggi utilizzato solo da una parte della popolazione più anziana o tradizionalista. In “OI MARì” il verbo cantare diventa “acant’” invece del più diffuso “cant’” o in “TU ME FAJE ASCì PAZZ'”, dove dice “aro staje annascos’”. Ci sarebbero altri esempi (l’utilizzo di “mic’” invece che “cu mme” in “NUN’A VOGLIJ NCUNTRA”) che arrivano pure all’inclusione di vere e proprie figure - “facive sciantosa” in “NIENTE” - che se pure hanno fatto parte della tradizione linguistica napoletana sono andate via via svanendo dal parlato comune. Un parlato di cui invece i nuovi brani sono intrisi, accanto ad espressioni e parole che esistono unicamente in una accezione dialettale. Facendo seguito al primo Vocabolario LIBERATO, abbiamo provato a mappare il vocabolario “caprese” di LIBERATO, in modo tale che, se letti insieme, i due pezzi possano fornire una tassonomia più o meno precisa del suo dialetto.

Ce stann' 'e surdat' c'o vonn' cu 'mme (da "GUAGLIO")

Al di là del significato letterale, la frase potrebbe richiamare in maniera diretta il film “La Pelle” di Liliana Cavani, ambientato proprio a Capri, nel quale i soldati tedeschi invadono la popolare Piazzetta. Nel dettaglio invece “c’o vonn' (o bonn' in maniera più popolare) cu 'mme” viene tradotto con “ce l’hanno con me”, “vogliono me”. In realtà, come la maggior parte delle espressioni del vocabolario di LIBERATO, “c'o vuo’ cu’ ‘mme” nel parlato comune, va spesso a indicare una preferenza romantica, amorosa o sessuale.
GUAGLIO

GUAGLIO

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Chesta guerra 'ncap' no, nun se ne ten' (da "OI MARì")

La guerra in testa, in napoletano “‘a guerra n’cap”, non è certo un’espressione unica del dialetto. Suona parecchio simile addirittura in inglese - si guardi “War Inside My Head” dei Suicidal Tendencies ad esempio - e in italiano viene spesso utilizzata per esprimere indecisione o comunque uno stato confusionario. In dialetto napoletano l’uso che se ne fa è più o meno simile, anche se si esclude completamente la sfumatura clinica: “tien’ ‘a guerra n’cap’” è una classica espressione di conflitto interiore. In questa frase di “OI MARì”, aggiungendo “nun’ se ne ten’” - che in dialetto significa, circa, “è insostenibile”, LIBERATO declina in chiave romantica la “guerra in testa”, una declinazione non così rara nel parlato partenopeo.
OI MARì

OI MARì

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Oi Marì, song' nu guapp' 'e carton' me crire (da "OI MARì")

Il termine guappo di cartone origina, come prevedibile, dall’idea stessa di guappo. Un guappo di cartone infatti non è altro che un guappo senza una reale pericolosità, qualcuno che fa solo scena e poco altro. Ma cos’è un guappo? In “La modernità squilibrata del mezzogiorno”, Francesco Barbagallo lo etichetta come un “plebeo camorrista”. Più diffusamente, il termine ha una forte valenza locale: spesso infatti i guappi erano figure locali, che cercavano di tenere l’ordine nei quartieri o rioni. LIBERATO ha pescato la figura del guappo, e del guappo di cartone, direttamente dalla mitologia napoletana: se già in “L’oro di Napoli” di Totò di parlava di guappi, è nel film “Il camorrista” che si assiste alla più celebra battuta “‘o malacarn’ è nu guapp’ ‘e carton’”. Utilizzandola in questo contesto, è come se volesse quasi dire alla sua Marì di non aver paura di lui, di essere innocuo.

Tutt'o blocc' nun ce voglio parla' (da "NUNN'A VOGLIO 'NCUNTRA")

Ci sono diverse espressioni in dialetto napoletano che non hanno - e non possono avere - una diretta traduzione italiana. Sorta di “false friend”, concetti che se tradotti alla lettera significano qualcosa di completamente diverso. “Tutt’o blocc’” è una di queste: utilizzata da LIBERATO in “NUNN'A VOGLIO 'NCUNTRA”, il significato nel termine è riassumibile in “in sintesi” o “alla fine della fiera”. Si utilizza quando si vuole mettere fine a una conversazione, anche se in questo specifico caso, associato a “nun ce voglie parla’” assomiglia più a un capriccio.
NUNN'A VOGLIO 'NCUNTRA

NUNN'A VOGLIO 'NCUNTRA

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'O core mie oiccann', my heart will go on, passann' e spassann' sott' a stu balcon' (da NUNN'A VOGLIO 'NCUNTRA")

In questa breve frase - in cui, come spesso capita nei testi di LIBERATO, il napoletano viene alternato con l’inglese - ci sono due cose interessanti da notare. La prima rimanda all’esistenza di una vera e propria grammatica napoletana, che anche in altre occasioni (ad esempio nell’uso dell’ausiliare "avere" al posto di "essere") si fa presente nei testi. “‘oiccann” (eccolo) infatti altro non è che una declinazione del verbo “eccere”, un verbo che non esiste in italiano e che viene declinato in funzione della vicinanza dell’oggetto a cui si fa riferimento, oltre che alla persona. Qualche esempio: ‘oiccann=eccolo qua, ‘oilloc=eccolo là. Inoltre, passann’ e spassann' è una frase molto celebre nella canzone napoletana, e che viene in genere associata al tormento amoroso, che induce a passare di continuo per i luoghi dove si è convinti di incontrare la propria amata. Era così già in “Guaglione” di Renato Carosone, che pure inseriva nella locuzione il balcone.

Nun'è over', scart' frusc' e po' piglie primmer' (da "TU ME FAJE ASCì PAZZ'")

Non è facile capire il significato di questa frase utilizzata da LIBERATO in “TU ME FAJE ASCì PAZZ'”, se non altro perché quasi impossibile da tradurre e inesistente in italiano. Il riferimento letterale è a un antico gioco di carte, la passatella, in cui c’erano tra i punteggi possibili il fruscio e la primiera. Inizialmente, pare che il modo di dire sia nato "al contrario": "scart' frusc' e nun' piglie primmer". Se in questa accezione la traduzione sarebbe stata "scarti il fruscio e non riesci a prendere neanche la primiera", per qualche assurdo motivo la frase è evoluta arrivando a significare una sorta di “di male in peggio”, lì dove evitando qualcosa di poco buono si arriva a mettere le mani su qualcosa di ancora peggio. Utilizzando la figura in una canzone che parla, bene o male, d’amore, LIBERATO probabilmente riflette sulla natura delle sue scelte sentimentali.
TU ME FAJE ASCì PAZZ'

TU ME FAJE ASCì PAZZ'

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Nun'è over', mon amour staje semp' e na maner' (da "TU ME FAJE ASCì PAZZ'")

Sempre nella stessa traccia, LIBERATO - che in questo set di tracce rilasciate ha aggiunto all’inglese l’uso del francese e dello spagnolo - fa di nuovo propria una espressione sintomatica del parlato napoletano. “Staje semp’ ‘e na manera” infatti - “stai sempre in un modo”, “sei sempre triste”, a voler essere più espliciti - si utilizza spesso tra partner. È anche “amoroso” l’ultimo utilizzo in una canzone che viene fatto dell’espressione, da Nino Delli nel brano “Staje semp ‘e na manera”.
NIENTE

NIENTE

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'O core cu l'arteteca, e a capa 'nzerios' (da "NIENTE")

“NIENTE” è il più riflessivo dei brani contenuti in “Capri RDV” e, in generale, uno dei più riflessivi dell’intero album d’esordio di LIBERATO. Il brano è un lungo lamento d’amore, in cui LIBERATO utilizza termini spesso molto intimi ed evocativi. Tra questi spicca la frase “‘o core cu l’artetec’ e ‘a capa nzerios’”. Innanzitutto perché comprende due parole che esistono solo all’interno del dialetto napoletano, e che sono davvero molto presenti nel parlato quotidiano. L’arteteca è una condizione - più che altro dell’animo - che indica irrequietudine, impossibilità di stare fermo. Ha una origine medica, e veniva spesso associata ai bambini: nel “Vocabolario napoletano lessigrafico e storico”, Vincenzo De Ritis fa risalire l’origine del termine nel latino “arthritis”, una malattia che indicava spasmi muscolari molto forti. Ma se il cuore è irrequieto, la “capa”, la testa, è 'nzeriosa. La traduzione più immediata di 'nziria è capriccio, anch’esso spesso associato ai bambini. La 'nziria è infatti un capriccio senza senso, non costruttivo e, in questo caso, dettato dall’amore.