2005, Jerez, ultimo giro della gara di MotoGP. All’ultima curva, dopo un lungo corpo a corpo, Valentino Rossi si infila all’interno di Sete Gibernau, in quel momento in testa. Il contatto tra i due sembra inevitabile, in una battaglia di freddezza e nervi a chi stacca per ultimo, ed è a quel punto che l’italiano con una mossa disperata toglie la gamba interna dalla pedana. Grazie anche a quella mossa, Rossi chiude la traiettoria, toccando comunque il rivale e costringendolo all’esterno, completa il sorpasso e s’invola verso la bandiera a scacchi - e verso il titolo mondiale.
Da quel giorno, quella che gli inglesi chiamano “The Doctor Dangle”, la gamba a penzoloni del Dottore, è diventata una manovra standard nelle gare di moto. Quella gamba che si stacca e rimane sospesa nell’inserimento in curva è un attrezzo del mestiere presente nel repertorio di tantissimi rider, dai campioni della MotoGP ai dilettanti che girano in pista per hobby nel weekend. Quello che in origine sembrava un semplice gesto di disperazione, e pure un po' sgraziato, è diventato invece la norma. Tanto che oggi, ogni curva in cui i piloti non facciano oscillare la gamba interna mentre si aggrappano ai freni dà quasi la sensazione di essere una curva troppo facile, e una di quelle in cui difficilmente si vedrà un sorpasso.
Ma per quanto la mossa di Rossi sia stata universalmente adottata, non ci sono ancora risposte definitive sul perché i piloti la usino. Lo stesso Valentino non sa spiegarlo in altro modo se non dicendo che semplicemente “dà le giuste sensazioni”.
C’è chi dice che quel “trick” assicuri maggiore stabilità in fase di frenata, trasferendo il baricentro complessivo pilota/moto più in basso e più all’interno della curva in cui ci si immette. Per altri invece la gamba sospesa funziona come un freno, aumetando la resistenza aerodinamica e aiutando così a decelerare più in fretta. E poi, c’è anche chi crede che l’adozione universale sia più che altro il frutto di uno spirito di emulazione. Una prova della massiccia e inevitabile influenza che il Principe Guascone del motociclismo mondiale esercita sul mondo delle due ruote - l’equivalente nel motorsport dell’idea che il modo migliore di mangiare uno snack sia con coltello e forchetta.
Secondo questa teoria, i piloti già affermati, costretti inevitabilmente a confrontarsi con Rossi, nel dubbio avrebbero pensato di imitarlo perché non potevano permettersi di concedergli alcun vantaggio. Mentre per quelli più giovani si trattava più che altro di una volontà di emulazione del loro idolo indiscusso - qualcosa di paragonabile alla moda della penetrazione a lingua fuori che invase playground e palestre di tutta America a metà anni ‘90, da parte di giovani aspiranti stelle NBA tutte rigorosamente vestite con una canotta numero 23.
Che sia questione di fisica, di semplice imitazione, o di voodoo, l’adozione quasi universale della Doctor Dangle è una prova della sua efficacia (fisica e/o psicologica).
Ma quel “quasi” è importante, perché c’è ancora almeno un pilota che rifiuta di farsi travolgere dallo tsunami della gamba ondeggiante. E si dà il caso che quel pilota sia l’attuale campione del mondo, Jorge Lorenzo.
L’esempio di Lorenzo dimostra che usare quella tecnica non è obbligatoria per eccellere nel motociclismo. Lo spagnolo d’altronde non è tipo da seguire la massa, e tanto meno uno che voglia fare di Rossi il suo eroe personale. Al contrario, tra le motivazioni che lo spingono in pista c’è probabilmente qualcosa di più vicino alla volontà di smantellare il mito di Rossi, rendendolo meno divino e infallibile di quanto non racconti la vulgata popolare. Ma al di là di queste spiegazioni, o supposizioni, di natura psicologica, c’è anche il fatto che il campione in carica usa uno stile diverso rispetto al grosso del gruppo. In ingresso di curva tende infatti a frenare prima degli altri, per poi lasciar correre la moto alla ricerca di una velocità continua in percorrenza, senza strappi bruschi. Ne vien fuori una guida più composta, in cui non c’è bisogno di spingersi al limite per staccare più velocemente o aumentare la stabilità in curva.
In ogni caso, non aspettatevi che che la Doctor Dangle rappresenti l’ultima parola in fatto di cinetica delle corse in moto. Quella mossa è comparsa insieme ad altre “contorsioni” del corpo, basti pensare al modo in cui tutti ormai si buttano fuori col gomito a terra, in maniera persino esagerata. E’ tutta una questione di piloti che cercano di sfruttare ogni estremità del loro corpo nel tentativo di spingere un po’ più in là i limiti di uno sport in cui elettronica e altre diavolerie digitali hanno aumentato il loro peso, senza però togliere troppo al ruolo dell’uomo. Una battaglia di gambe, gomiti e braccia che continuerà il suo rapido processo evolutivo, un processo che magari manderà presto in soffitta la mossa della gamba penzolante.