Come è cambiato lo stile guida in MotoGP? Partiamo dallo spettacolo di Marc Marquez sulla sua Honda RC213V, che probabilmente non ha eguali in tutto il mondo del motorsport.
L’uso del ginocchio e del gomito da parte del pilota spagnolo in pista sono i più chiari indicatori di uno stile di guida esagerato in cui gli angoli di piega si avvicinano ai 70°. Durante tutta la gara le sue staccate sono al limite e MM93 sfrutta sempre al massimo la trazione. Il bloccaggio dei freni è efficace e gli consente di evitare le cadute, solo uno dei motivi grazie a cui riesce a portare a casa vittorie e titoli mondiali.
Ma come ha fatto la MotoGP ad arrivare a questo livello impensabile? Non è certo stata un'evoluzione lineare. La classe regina del Motomondiale ha subito una serie di cambiamenti dello stile di guida, e Marquez rappresenta solo il più recente e la punta dell’iceberg.
Il processo di evoluzione
Ogni rivoluzione è stimolata dall'arrivo di una forza dirompente. I “game changers”, coloro che cambiano le regole del gioco, vanno a ridefinire i limiti e contemporaneamente rendono obsoleto la maggior parte di ciò che era stato fatto finora.
Tuttavia, a differenza della Formula 1 o del Supercross, la loro posizione dominante si traduce raramente in lunghe sequenze di successo. I “game changers” della MotoGP sono seguiti da allievi che immediatamente mettono a punto le nuove tecniche rivoluzionarie, a volte elevandole a un livello più alto e ottenendo risultati migliori.
Inoltre va considerato quanto lo sviluppo meccanico ed elettronico della moto giochi un ruolo importante.
Quando un pilota eleva lo stile di guida in MotoGP a uno step successivo, le case rivali vanno al contrattacco portando nuove tecnologie innovative che permettono ai propri piloti di rispondere al cambiamento o quantomeno di eguagliare il nuovo ritmo.
In effetti, si tratta di una sfida senza fine tra il miglioramento della tecnica di guida e i progressi della tecnologia.
L'effetto Kenny Roberts
Il primo pilota a segnare una svolta nell'era moderna è stato Kenny Roberts alla fine degli anni Settanta. La tecnologia di quel periodo ha fissato limiti rigorosi per quanto riguarda la classe regina del Motomondiale dove la potenza del motore 500cc a due tempi era di gran lunga l’aspetto più importante rispetto al telaio e alle gomme del tempo.
Tuttavia, Roberts ha superato questi limiti. Ha sfruttato le debolezze del telaio e della gomma, andando alla ricerca di maggior grip tramite il controllo della valvola a farfalla. Allo stesso tempo, ha usato il suo ginocchio come un indicatore di livello, che lo avvisava su quanto potesse osare. In effetti, Roberts è stato una sorte di asteroide che ha spazzato via i dinosauri della MotoGP degli anni Settanta.
L’era post-Roberts
Una serie di piloti americani e australiani, anche provenienti da dirt track e Superbike, hanno sfruttato la scia non solo replicando ma anche perfezionando lo stile Roberts. Alla fine, coloro che erano già abituati al sistema di alimentazione tradizionale hanno riacquistato importanza grazie all’innovazione tecnica. Le malvage 500 sono state addomesticate da sviluppi come il motore "big bang" che ha permesso a molti piloti di emergere, anche a chi non aveva il drifting nelle sue corde e voleva controllare i giri col gas.
Valentino Rossi
Molti piloti europei hanno cominciato a rivendicare un pezzo di palcoscenico in questo sport, e una svolta vera e propria è arrivata con Valentino Rossi. Il pilota di Tavullia si è dimostrato un talento in grado di guidare entro i limiti della tecnologia ma anche di spingere oltre. La sua propensione alla gara e la sua capacità di adattamento non hanno avuto eguali, e gli hanno permesso di conquistare Mondiali in 125, 250, 500, e, infine, nella nuova MotoGP.
In quegli anni, nessuno sapeva se lo stile GP o Superbike si sarebbe rivelato più efficace su questi mezzi ibridi. Qualcosa che non ha avuto molta importanza nemmeno per Rossi, che ha saputo adattarsi sia alle curve a gomito più morbide che ai traversi. E ancora una volta il ciclo si ripete: le stelle affermate diventano reliquie del passato.
Nella scia di Rossi
Tuttavia, il pilota italiano ben presto è stato messo nel mirino dai suoi rivali. Il pilota di maggior successo è stato Jorge Lorenzo, suo compagno in Yamaha: il maiorchino ha raccolto i massimi benefici da ogni sviluppo messo a frutto per contrastare Rossi facendo assomigliare le MotoGP a delle 250 allargate. Le vittorie e i titoli raccolti da JL99 hanno confermato la bontà del suo stile di guida in MotoGP e la replicabilità di questo modello.
Marc Marquez
Poi è arrivato Marquez. Il pilota del team Honda Repsol ha semplicemente approfittato delle nuove gomme dal grip incredibile, superando costantemente il grip disponibile quasi senza limiti. Un comportamento che si sarebbe tradotto in diversi incidenti per molti altri piloti, ma i risultati di Marquez sono indiscutibili. L’equilibrio, il coraggio e la spavalderia del pilota spagnolo lo hanno portato a diventare il primo rookie a conquistare il titolo della classe regina, proprio dai tempi di Kenny Roberts.
Anche oggi il ciclo continua. I rivali della Honda, Yamaha in testa, hanno risposto all’ascesa di Marquez sviluppando delle moto estremamente equilibrate mentre la vecchia guardia formata da Rossi e Lorenzo è riuscito a scongiurare l’invecchiamento, modificando le proprie posizioni di guida in modo da assomigliare maggiormente a Marquez.
Aspettando il futuro
Nel frattempo, sono arrivati allievi come Maverick Vinales e Alex Rins che hanno brillato in Moto2 mostrando doti simili a quelle di Marquez, e sono ansiosi di poter fare la storia nei prossimi anni. La MotoGP attende con ansia il prossimo futuro.
Prima di quanto ci aspettiamo, una nuova svolta potrà prendersi la scena. Probabilmente diversi pilotini di otto anni, ora impegnati a crescere sulle minimoto, un giorno andranno a ridefinire ciò che è possibile fare sulle due ruote avviando nuovamente da capo questo processo.
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