Gaming
Gli sviluppatori moderni fanno tutto il possibile per evitare che i giocatori riescano a guadagnare un vantaggio ingiusto nei confronti degli altri player. Titanfall per Xbox One, ad esempio, punisce i cheater obbligandoli a giocare assieme ad altri giocatori scorretti, mentre Valve con il suo sistema "Anti-Cheat" individua ed elimina gli hacker dalla sua piattaforma Steam.
Sono soluzioni assolutamente comprensibili in un periodo storico in cui il fairplay nel gioco online è diventato di primaria importanza, ma non bisogna dimenticare che non molto tempo fa trucchi e codici nei videogiochi venivano utilizzati dalla maggior parte dei giocatori. Nell'era pre-internet le riviste avevano intere sezioni dedicate ai modi in cui era possibile modificare i propri giochi, magari ottenendo vite infinite o la possibilità di selezionare un qualsiasi livello del gioco senza dover sottostare ai requisiti imposti dagli sviluppatori. Ma questi trucchi e codici dove diavolo sono finiti?
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Tutto inizia dallo sviluppo
È facile intuire come mai trucchi e codici siano riusciti ad entrare così velocemente nella cultura del gaming: inserire input particolari per avere accesso a cose normalmente proibite ha un certo fascino. Il celebre "Konami Code", il codice creato dal programmatore Kazuhisa Hashimoto perché il suo port su NES di Gradius si era dimostrato troppo difficile da giocare nella sua fase di debugging, è talmente famoso che spesso viene citato in fumetti e telefilm. Ma in breve tempo queste scorciatoie, che rappresentavano una delle armi più forti a disposizione di ogni gamer, sono passate di moda e per capire come mai dobbiamo tornare indietro fino ai motivi per cui furono create.
"La maggior parte delle volte venivano creati per i tester" ci ha rivelato il veterano della industry Ste Pickford, una delle menti dietro grandi classici come Solar Jetman, Plok ed Equinox. "Nell'era degli 8-bit le interfacce erano molto semplici, non avevamo pagine intere dedicate ai menu in cui poter inserire una lista dei trucchi, quindi non ci rimaneva che trovare delle soluzioni per permettere ai tester di andare velocemente da una parte all'altra del gioco o provare diverse funzionalità. Alcuni codici rimasero nella versione finale dei giochi per sbaglio".
Chris Sorrell, l'uomo dietro titoli come James Pond, RoboCod e Medievil, concorda con questa versione dei fatti: "I primi trucchi erano semplicemente uno strumento che ci aiutava a sviluppare un gioco. Questo processo avviene in maniera molto graduale, un pezzettino alla volta, e quando hai lavorato su quel pezzettino devi testarlo, lavorarci, ritestarlo, rilavorarci un centinaio di volte al giorno. Quindi era di fondamentale importanza riuscire a saltare ovunque in-game nel più breve tempo possibile. Non avevamo la possibilità di farmare in continuazione un boss solo per vedere se droppava gli oggetti corretti quando moriva, quindi inserivamo il trucco per uccidere chiunque in un colpo solo. Spendere una giornata a preparare i trucchi era un modo semplice per risparmiare a tutto il team un sacco di tempo utile per fare altro".
Tuttavia, non tutti i trucchi sono stati creati per facilitare la vita degli sviluppatori. "Sono sempre stato un fan di trucchi, codici, easter egg e piccoli segreti" ha ammesso Christopher Seavor, uno dei fondatori di Rare ai tempi di Conker. "Sono degli strumenti che aggiungono un alone di mistero ai titoli e a volte possono perfino allungare la longevità di un gioco". Seavor è perfino convinto che trucchi e codici siano stati la musa ispiratrice che ha portato molti giocatori sulla strada dello sviluppo. "Io sono scresciuto con lo ZX Spectrum e il Commodore 64, quando i videogiochi erano un hobby impegnativo molto di nicchia. Il modo migliore che avevamo per imparare ad usarli consisteva nell'aprire e modificare i giochi di altre persone".
Ai tempi di queste console i giocatori potevano manipolare direttamente i codici sorgente del gioco e, con le giuste conoscenze, era possibile assegnarsi vite infinite o invincibilità permanente. Secondo Seavor è proprio questa possibilità che ha incuriosito molti giovani che successivamente hanno intrapreso la carriera di sviluppatore. "Sono convinto che in Inghilterra il movimento legato allo sviluppo di videogiochi sia nato proprio da questa curiosità che le prime console erano in grado di generare. Oppure semplicemente dal fatto che molte persone come me amavano rompere le cose e guardare dall'interno come erano fatte".
In un periodo storico in cui i punteggi erano decisamente più importanti della storia, i codici hanno permesso ai giocatori di ottenere un vantaggio ingiusto nei confronti di giochi dannatamente difficili. "All'epoca degli 8-bit tutti volevamo finire i giochi, non tanto per la storia ma per la sfida di esserci riusciti" ci ha spiegato Pickford, che continua a lavorare con suo fratello John nello studio Zee-3. Gli sviluppatori lo capirono in fretta e trasformarono questi strumenti di debugging in vere e proprie feature dei giochi.
"Battere il gioco senza sottostare alle sue regole era molto elettrizzante. I videogiochi sono come macchine complicate che cerchiamo di comprendere quando giochiamo: cerchiamo sempre nuove strategie per capire cosa funziona, come battere il nemico, come arrivare in una certa zona. Procedere per tentativi è parte integrante di questa esperienza, quindi anche cercare trucchi e codici era perfettamente normale. Nell'era dei 16-bit i trucchi diventarono una componente normale dello sviluppo di un gioco, a volte il rilascio di un codice in un secondo momento rappresentava persino una manovra di marketing molto efficace studiata a tavolino".
Con l'aumentare dello spazio disponibile nelle cartucce anche i giochi diventarono più grandi e complessi, vennero inventati i punti di salvataggio e i codici divennero un modo per recuperare i progressi fatti senza avere a disposizione una costosa memory card. I codici erano anche un modo molto rudimentale per evitare la pirateria informatica: alcuni giochi richiedevano di inserire nel menu una parola che si trovava all'interno del manuale originale e, ovviamente, i giocatori cominciarono a fotocopiare anche le componenti esterne dei prodotti ma gli sviluppatori erano sempre un passo avanti.
L'era delle riviste
Quando le riviste di videogiochi divennero abbastanza popolari, iniziò una caccia ai trucchi senza precedenti e gli sviluppatori ne erano perfettamente a conoscenza. "Eravamo sempre più tentati dal lasciare i trucchi nel gioco per avere una 'back door' che solo in pochi conoscevano, un modo per convincere quei giocatori a mostrare con entusiasmo il prodotto ad amici e familiari. Ovviamente anche la stampa specializzata cercava sempre nuovi modi per espandersi e aumentare il valore offerto ai giocatori, quindi era naturale che la news di quei codici si sarebbe propagata alla velocità della luce".
Questa escalation poi ha introdotto il problema dell'assenza di sfida nell'utilizzo di trucchi e codici, e del rovinare un'esperienza che all'epoca era discretamente costosa, sopratutto per i più giovani. "In fondo il valore intrinseco dei codici dipendeva largamente da come i giocatori li utilizzavano. Alcuni li usavano fin da subito per finire il gioco in fretta e perdersi le emozioni legate alla sfida e alla progressione, mentre altri li utilizzavano con moderazione solo per superare le sezioni troppo difficili per i loro gusti. Ma sono sicuro che per tutti quanti trucchi e codici rappresentavano un modo accessibile per guardare "sotto il cofano" del gioco e rivelare opzioni nascoste, menu segreti e contenuti che altrimenti sarebbero rimasti bloccati".
Alcuni codici erano talmente memorabili che si sarebbero attaccati al nostro cervello per il resto della vita, il primo che mi viene in mente è quello di Sonic the Hedgehog che serviva a selezionare il livello (A + su, giù, sinistra, destra poi tasto start). Uno dei codici più famosi, invece, era quello del primo Mortal Kombat per Sega Genesis: i media tradizionali avevano reagito talmente male ai livelli di violenza mostrati nella versione per cabinato che gli sviluppatori nascosero il sangue dietro il codice ABACABB nella versione per console. Un piccolo tributo alla rock band inglese che aveva lo stesso nome della console a 16-bit di Sega.
Tutti gli sviluppatori con cui abbiamo parlato hanno ancora un sacco di codici impressi nella mente. "Ne avevamo messo uno in Major League Baseball per SNES che ci permetteva di andare dal menu principale direttamente ai titoli di coda, un modo semplice per accedere ad un bel filmato e dimostrare facilmente a tutti che eravamo stati noi a lavorare al gioco" ci ha svelato Pickford. "All'epoca non era così facile raggiungere i titoli di coda, e se ricordo bene il codice era BADBUBBA perché Bubba era il nomignolo da piccolo del producer".
Sorrell invece ricorda volentieri il suo platformer James Pond 2. "Tutti i giochi di quella serie contenevano codici, roba molto standard come vita infinita, selezione del livello, niente game over. In James Pond 2 per arrivare ad ottenere i diversi bonus bisognava raccogliere degli oggetti le cui iniziali formavano diverse parole. Si poteva creare la parola CHEAT raccogliendo Cake, Hammer, Earth, Apple e Tap per avere 10 minuti di invulnerabilità, oppure cercare oggetti per la parola LIVES. Sento ancora delle persone che si ricordano dell'emozione provata nello scovare quei trucchi".
Però non tutti gli sviluppatori amavano inserire codici nei propri giochi. Uno dei programmatori più rispettati degli anni '80, Jon Ritman, sostiene che non ha mai capito il motivo che spingeva alcuni suoi colleghi a rendere i propri giochi così facili da battere. "Per me la soddisfazione del giocare ad un videogioco consiste nell'imbattersi in problemi da risolvere. La mia responsabilità in quanto game designer consiste nel creare problemi che abbiano una soluzione raggiungibile. Quando le persone iniziarono a inserire i codici nei propri giochi la cosa mi confuse parecchio: perché prendersi la briga di creare dei puzzle se poi una rivista dopo poco tempo pubblica un codice per bypassarli completamente? Se gli enigmi erano troppo difficili perché non modificare il gameplay?".
L'arrivo dei codici su cartuccia
Guardando alla storia dei trucchi, non possiamo ignorare un fatto che ha rivoluzionato il gaming negli anni '90: l'uscita del Game Genie di Codemasters, seguito a ruota dall'Action Replay di Datel. Queste cartucce divennero subito molto popolari perché permettevano ai giocatori di creare ogni sorta di codice per modificare le regole dei giochi. Secondo alcuni esperti furono proprio questi prodotti a segnare l'inizio del declino dei trucchi nei videogiochi, ma gli sviluppatori con cui abbiamo parlato non ne sono così sicuri.
"Questi prodotti non riducevano di certo il bisogno degli sviluppatori di implementare codici nel gioco, inoltre i trucchi di Action Replay erano molto basilari, permettevano di avere vite infinite o energia infinita e poco altro". Pickford non era di certo un fan di questi oggetti. "Non mi piaceva l'idea di trasformare trucchi e codici in una sorta di economia parassita di quella canonica".
Sebbene il vero impatto delle cartucce dedicate a trucchi e codici sia ancora oggetto di discussione, quel che è certo è che negli ultimi anni i trucchi sono passati di moda e gli sviluppatori che ancora li inseriscono nei propri giochi si contano sulle dita di una mano. Secondo Pickford il motivo è da ricercare in quello che i giocatori moderni vogliono da un prodotto d'intrattenimento. "I giochi sono molto meno incentrati su punteggi alti e sfide durissime, sono diventati un modo per consumare un contenuto con una narrazione. Un trucco non ha valore se si stanno giocando i capitoli di una storia, la vera competizione si è spostata online, dove i trucchi rovinerebbero l'esperienza di tutti".
Secondo Sorrell invece "ci sono diverse motivazioni che hanno fatto passare di moda trucchi e codici, una è sicuramente l'aumento esponenziale dei costi di sviluppo e l'ampliamento dell'audience di riferimento. I videogiochi moderni vengono sviluppati con strumenti molto più potenti rispetto al passato, dotati di level editor comprensivi di ogni tipo di sistema di testing e debugging. Qualsiasi trucco o comando utilizzato in fase di sviluppo viene rimosso nella build finale".
Sorrell pensa anche che l'aumento della popolarità dei videogiochi dagli anni '90 abbia contribuito a mettere una lapide sui trucchi, specialmente perché molti di quei bonus ormai sono normali nei giochi. "Da quando il settore è esploso i giochi costano molto di più da sviluppare e di conseguenza sono diventati anche molto più accessibili: quando avere vite infinite è la normalità, a cosa serve un codice?"
Alcuni sviluppatori, come Nintendo, hanno persino aggiunto funzionalità che permettono di facilitare alcune sezioni del gioco dopo un fallimento. I giocatori ora possono decidere di saltare intere sezioni o venire guidati verso il completamento, i codici che permettono di saltare i livelli sono diventati obsoleti. Oltretutto i videogiochi stanno diventando talmente intelligenti che capiscono subito quando il giocatore ha bisogno di aiuto, alcuni agiscono persino senza il consenso del player.
Ma non è solo questo il motivo del declino. Secondo Sorrell i publisher hanno anche capito che è molto rischioso lasciare nel gioco delle funzionalità nascoste, soprattutto a causa dell'attenzione mediatica che orbita intorno al settore. La triste vicenda riguardante la Hot Coffee mod per GTA, che permetteva ai giocatori di esibirsi in azioni molto esplicite con i personaggi del gioco, ha causato un putiferio all'epoca. "I publisher ormai sono super-cauti quando si parla di lasciare funzioni nascoste nei giochi, sopratutto se potrebbero dimostrarsi dannose per l'azienda e le sue PR. I dipartimenti che si occupano della qualità di un titolo potrebbero opporsi ai codici perché richiederebbero ulteriori inutili test, oltre ad aprire mille nuove possibilità di rompere completamente il gioco".
Infine, ma in maniera minore, troviamo la possibilità che i publisher siano interessati a guadagnare sui "trucchi e consigli" legati ad un particolare titolo. "Da quando sono cominciate ad uscire guide strategiche di ogni tipo, i trucchi hanno perso di appeal, perché non avrebbero convinto i giocatori a sborsare soldi per un aiuto. Recentemente poi si è parlato tanto anche della possibilità di vendere questi aiuti tramite acquisti in-app. Perché nascondere un trucco quando puoi venderlo sullo store in-game? A volte trucchi e codici sono diventati persino dei DLC. Vuoi un'arma speciale? Compra il nuovissimo DLC per sbloccarla".
Molti giocatori saranno tristi nel realizzare che i trucchi ormai sono una cosa del passato, ma in fondo il medium si è evoluto e non c'è più bisogno di barare per avere una piacevole esperienza. "Quello che abbiamo perso con i trucchi, lo abbiamo guadagnato in varietà dell'offerta e accessibilità dell'hobby. È incredibile quanto sia vasto il settore oggi. Alcune grosse produzioni adesso incoraggiano la community a creare mod per i propri giochi, lasciando una libertà creativa incredibile nelle mani del popolo di internet".
Secondo Seavor, il fascino dei codici era anche legato al tempo che una volta si passava sul singolo titolo ad esplorare ogni minimo dettaglio. "Oggi ci sono talmente tanti giochi la fuori che non abbiamo più tempo di tornare indietro ed esplorare a fondo le funzionalità di ogni prodotto. Da giovane ero un perfezionista da questo punto di vista, volevo sempre completare il gioco al 100% e anche oltre, ma ora non è più così. Ma sappiate che continuerò a mettere codici nei miei giochi, per i pochi a cui ancora importa questa cosa". È bello sapere che questo aspetto sopravviverà in un modo o nell'altro, magari la prossima generazione di giocatori si imbatterà in un trucco e finirà per leggere dove tutto è iniziato.
E dopo aver letto il nostro speciale, pensate di essere in grado di riconoscere questi storici trucchi e codici di qualche generazione fa?