Sabbia sotto i piedi per centinaia di chilometri. Sabbia negli occhi. Sabbia che si insinua ovunque, che ti penetra negli indumenti, che ti impedisce persino di respirare. L’orizzonte che all’improvviso si offusca, il sole che scompare dietro a un muro di sabbia del deserto, spinta da un violentissimo vento caldo e secco.
Nel 2013 Giuliano Pugolotti, conosciuto come il world desert runner, ha affrontato uno dei momenti più difficili della sua vita. Durante la Desert Cup Marocco – una corsa non stop da Foum Zguid a M’Hamid nel sud del Marocco, al confine con l’Algeria – si è imbattuto in una terribile tempesta di sabbia.
Video: Giuliano Pugolotti nella tempesta di sabbia del Sahara
«La notte nella tempesta è stata davvero dura. Tanto dura», ha raccontato Pugolotti, che ha impiegato poco più di 30 ore per correre 188 chilometri attraverso il deserto del Sahara.
Il vento nel deserto è una forza selvaggia che non conosce ostacoli. Va in ogni direzione, libero di soffiare, far cadere e farsi maledire. È incessante. È violento. È forte. Combatti la sua forza giorno e notte e gli inveisci contro ogni volta che ti butta giù nella sabbia.
Pugolotti è abituato alle imprese estreme. Negli ultimi 12 anni, la prima volta fu in Tunisia nel 2005: 100 chilometri in quattro giorni. Ha attraversato una ventina di deserti tra cui il Gobi, l’Atacama, il Dasht-e Lut (più noto come il Deserto dei Tartari), il deserto artico delle Isole Svalbard (nella parte più settentrionale della Norvegia), il Kizilkum e il Sahara.
Non sono i lividi quelli che fanno male, ma è l’umiliazione di dover ogni volta cadere, rialzarsi e ripartire. È così che il vento piega ogni tua certezza e devi fartene una ragione. Si fatica a respirare e la sabbia entra ovunque. Nelle orecchie, negli occhi e soprattutto nell’anima. Il GPS si sgancia spesso dal satellite e l’istinto di sopravvivenza viene esasperato alla ricerca di una direzione da seguire.
Non sono la gara e il ritmo il problema. È la vita il mio chiodo fisso nella tempesta. Eppure riesci alla fine a non odiarla, perché anche la tempesta come il deserto piano piano ti entra dentro e diventa parte di te