Arturo
© Paolo Ciriello
Musica

Side Baby riparte da "Arturo"

Dopo il periodo più buio della sua vita, l'ex trap boy della Dark Polo Gang torna a vivere con un primo album solista, che si chiama come lui
Di Claudio Biazzetti
6 minuti di letturaPublished on
Negli ultimi anni, Arturo “Side Baby” Bruni ne ha viste così tante che si potrebbe farne un film. I guai con la polizia, le dipendenze, i drammi d’amore e familiari, e infine, come proverbiale ciliegina, la rottura turbolenta con i soci della Dark Polo Gang.
Anziché farne un film però (che comunque non sarebbe stata un’opzione assurda: il padre è regista), il trap boy romano ha resettato tutto, registrato nuovi pezzi con Sick Luke e Night Skinny e rinominato la creatura “Arturo”, come sua madre fece con lui 25 anni fa. E come un nuovo nato ha bisogno di un nido familiare, Side per festeggiare l’evento ha messo in piedi una Side House sul Naviglio a Milano, aperta a tutti per tre giorni. Poi è arrivata la Pasqua e, a differenza delle altre famiglie, è iniziato il tour.
Sei contento, Arturo?
Sono molto contento, ho passato gli ultimi giorni alla Side House. È andata benissimo. Stavo lì tutto il giorno, magari ogni tanto facevo una pausa, andavo a casa a farmi una doccia. Ma in generale ero sempre lì.
Però è finita il giorno prima di Pasqua. Quindi dopo sarai tornato a Roma dalla tua famiglia, no?
No, perché avevo un live a Venezia, quindi non sono riuscito a passare la Pasqua in famiglia.
A Milano come ti trovi?
Ah, io sto benissimo qui. La situazione è più cool e social che a Roma. Sono anche un po’ più ospitali a Milano.
Beh, sei forse l’unico romano che si trova meglio a Milano.
Ovviamente Roma è casa mia, però è anche una città molto caotica, anche violenta per certi versi. Invece Milano è un po’ più tranquilla e abbottonata. Un po’ più fighetta, ecco.
In più, a Roma ci hai lasciato tanti ex amici. Ci parli ancora con gli altri della Dark Polo Gang?
Non direi che siamo proprio amici, però non siamo in cattivi rapporti. Io l’ho presa molto in tranquillità. Ma non ho mai temuto di essere spacciato senza di loro. Ho sempre voluto essere solista, così come ho sempre saputo che da solo sono più forte.
Quanto ci hai messo a scrivere “Arturo”?
Guarda, sinceramente non lo so nemmeno io. Non mi sono mai detto: “OK; da adesso inizia l’album e bla bla bla”. Sarà stato un annetto di lavoro in studio, e poi abbiamo selezionato le tracce. Sono tutti pezzi nuovi, scritti nell’arco dell’ultimo anno.
Forse, la più importante è “Arturo”.
Senza dubbio, è quella in cui parla anche mia madre.
A un certo punto ti dice che “ci saranno altri scivoloni”. Cosa intende?
Mia mamma è la persona più importante per me, io l’amo. Mi è sempre stata vicino anche quando ho fatto cazzate. Gliene ho fatte vedere parecchie, l’ho messa parecchio alla prova: da quando le ho detto di venirmi a prendere in commissariato a quando le pattuglie arrivavano a casa a fare perquisizioni domiciliari. Mia madre mi ha sempre supportato, mi ha sempre capito.
Cosa cercavi di reprimere quando ti facevi?
C’è stato un periodo in cui ho abusato parecchio di sostanze. Perché ero decisamente depresso. Mi sono successe molte cose brutte in un periodo molto breve, ravvicinato: mi sono lasciato con la ragazza con cui ero stato sette anni, mio padre ha iniziato la chemioterapia perché aveva la leucemia, il mio fratellastro maggiore è stato arrestato in Spagna, gli hanno dato sette anni e da allora non l’ho più visto. Insomma, mi erano successe tante cose sfortunate insieme. Quindi ho provato a soffocare il tutto. Te lo dico col cuore aperto: io non sono un moralista, non sono contro la droga. Però lì non era più “mi prendo una cosa una sera, giusto per divertirmi”. Era diventato la quotidianità per distruggersi. Ho rischiato di farmi davvero male. Davvero male.
Ora però ho notato che sei anche molto più attento al riguardo. In “Jappone” censuri la parola Xanax con un beep.
Sì, perché mi sono reso conto che, tramite le cose che facevamo con la DPG, certi ragazzi che hanno una personalità e una coscienza meno forte non riescono a capire se sto dicendo una cosa per goliardia o se faccio sul serio. Se dico “crack in cucina” un ragazzo magari va a farselo per davvero. E io non voglio questo. Ho ricevuto anche messaggi di ragazzi che dicevano “Ohhh, Side! Ho preso 10 Xanax! Sei un grande!” E io rimanevo congelato.
Ti sentivi responsabile?
Minchia, sì! Così gli rispondevo: “No, fratè, non devi. È sbagliato.”
Praticamente, fra la mamma nel brano finale e l’orsacchiotto in copertina, è come se fossi tornato all’infanzia, no?
Più che un ritorno alla mia infanzia, direi più una rinascita. Come un nuovo inizio, un reset dopo un periodo buio e difficile.
Quello è il tuo vero orsacchiotto di quando eri piccolo?
Sì, si chiama Balosso, Orso Balosso. È stato regalato dalla migliore amica di mia madre a me quando sono nato. Ce l’ho dal giorno in cui mi ha partorito. È il mio oggetto più importante.
Ma Balosso come l’orso de L’Albero Azzurro?
Sì, mi piaceva un sacco quella trasmissione. L’ho chiamato come l’Orso Balosso.
Piaceva un botto anche a me. La mia preferita però era la giapponese che modellava il pongo.
È vero! Cazzo lei spaccava tantissimo. Com’è che si chiamava?
Credo Fusako, ma non ne sono sicuro.
Vero, quanti ricordi.
Ora te la prendi un po’ più con calma, come ai tempi dell’Albero Azzurro?
In verità adesso vado a palla di fuoco. Sarò a mille festival, farò un sacco di date. E poi, io non smetto mai di lavorare. Faccio tracce tutti i giorni, potrei far uscire un album anche domani. Anche 5 album. Ma non lo faccio, ogni cosa a suo tempo.
Come ti sei trovato con Night Skinny?
Ci siamo proprio trovati benissimo. Abbiamo delle cose in comune che non è facile trovare in giro. Cose molto particolari, da nerd. Cose che piacciono solo a noi: dai Diplomats e Dipset, Cam’Ron alla fissa per il Gore Tex e i bomber North Face. Non scherzo: Skinny avrà come minimo 90-100 North Face. Lavoro sempre con (Sick) Luke, ma mi ha fatto piacere aprirmi ad altri produttori. Con Skinny ho già ricominciato a lavorare. Te l’ho detto, io non mi fermo.